Tra pochi giorni si vota per il rinnovo del parlamento europeo, milioni di europei dei 27 paesi eleggeranno i loro rappresentanti. Il gruppo più nutrito è quello tedesco, poi i francesi, gli italiani e dietro di noi spagnoli e polacchi.
Già si scommette sull’affluenza in calo dove la disaffezione dalla politica cammina di pari passo con la caduta della capacità dei partiti di interpretare i bisogni e le aspirazioni dei cittadini. Ma questo senso di delusione che pervade anche chi scrive non può non farci vedere come quelle di giugno sono le elezioni europee più importanti da quando sono nate le istituzioni europee.
Prima di elencare gli evidenti motivi di questa affermazione, mi preme sottolineare come l’Europa politica non nasca dall’incontro di industriali e banchieri che volevano allargare i mercati e aumentare i profitti, ma dalla visione di pochi uomini che avevano provato la ferocia delle dittature nazifasciste e i disastri delle guerre di conquista di Hitler e Mussolini.
Dopo la fine della Seconda guerra mondiale vennero gettate le basi affinché la più grande tragedia dell’umanità non avesse a ripetersi e per questo nacquero organismi di dialogo e decisioni comuni che -partendo dai Trattati di Roma- hanno coinvolto quasi tutti i paesi europei. Paesi che si confrontano, anche in modo aspro, polemizzano e a volte litigano, ma sempre uniti dal comune denominatore europeo.
Oggi la maggior parte delle decisioni dei parlamenti nazionali derivano dai provvedimenti approvati a Strasburgo e le decisioni prese a Bruxelles hanno grande influenza sulla vita di 450 milioni di cittadini. Eppure l’importanza della prossima consultazione non è solo quantitativa, in ballo l’8 e il 9 giugno c’è l’idea stessa dell’Europa e di quale sarà il nostro futuro.
Il filoni principali che si apriranno al confronto nel prossimo parlamento UE sono quelli della guerra, dell’economia, dei diritti civili e dell’immigrazione. Temi sui quali le forze politiche dei diversi paesi si dividono profondamente e su cui cercheranno di contarsi anche i chiave di risvolti politici nazionali. Soprattutto in Italia dove la premier Giorgia Meloni, in carica da più di 30 mesi, ha “nazionalizzato” le elezioni con l’appello “Vota Giorgia!”. Tutti sappiamo che le elezioni europee si svolgono con il sistema proporzionale e senza schieramenti, dove ognuno corre per sé, e che non ci sarà nessun premio di maggioranza come quello che permette alla Meloni di governare. L’impatto psicologico sarà forte e questo lo sanno anche le opposizioni. Da Schlein a Conte, da Renzi a Calenda, da Fratoianni alla Bonino, a Bonelli cercano una affermazione che possa farli uscire rafforzati dalle urne.
Altri raggruppamenti, come quello di Santoro, difficilmente supereranno la soglia di sbarramento e resteranno senza seggi.
Il giorno dopo il voto si conoscerà la composizione delle famiglie europee e quindi di quale colore sarà la guida dell’Europa.
Fino ad oggi l’asse tra cristianodemocratici, socialdemocratici e liberali più altri gruppi minori ha retto, ma potrebbe non essere più così. Questo sperano le famiglie più a destra del parlamento europeo -compresi i nostri Fratelli d’Italia e Lega che governano insieme in Italia, ma sono divisi in Europa- per scombinare le carte e sostituire i socialisti con gli ultraconservatori.
Certo è che molti dei gruppi apparentati con i due leader italiani sono decisamente euroscettici, ultranazionalisti e oscurantisti e questo segnerebbe le scelte future dell’Europa. Non più idee di solidarietà economica nei confronti dei paesi che hanno più bisogno, di difesa dei diritti civili, di aiuti né verso gli immigrati regolari che vorrebbero venire in Europa (con pugno durissimo verso l’immigrazione clandestina) e atteggiamento ondivago verso gli aiuti militari all’Ucraina.
Lo stesso Salvini è il più dubbioso sull’invio di armi fino a sfiorare l’accusa di filoputinismo. In questo si ritrova vicino agli ex alleati di governo della scorsa legislatura del Movimento a 5 Stelle.
Certo è che, comunque vada, mai un nostro voto ha pesato in modo così pesante sul nostro futuro europeo. Un po’ come nel pluripremiato film di Paola Cortellesi che ha raccontato magistralmente la prima volta delle donne in Italia: votare è una conquista, non possiamo buttarla nel cestino.
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