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Novembre 21, 2024

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Tutto il mondo attende l’esito delle elezioni presidenziali USA. Ma come votano gli americani?

Tutto il mondo attende l’esito delle elezioni presidenziali USA. Ma come votano gli americani?

Ci siamo. Tra pochissimi giorni si consumerà uno degli appuntamenti più attesi a livello mondiale: l’elezione del/della Presidente degli Stati Uniti d’America.

In questi ultimi mesi non sono certo mancati colpi di scena e scontri pesanti tra i contendenti.

Il Partito Democratico ha dovuto gestire velocemente il ritiro last minute dalla competizione dell’attuale inquilino della Casa Bianca, Joe Biden, in favore della sua Vice Kamala Harris. Il Partito Repubblicano la straripante condotta di Donald Trump, coinvolto anche in due attentati fortunatamente falliti.

Come sempre, le presidenziali USA attraggono un’attenzione planetaria senza pari, considerati gli effetti geopolitici che ne scaturiscono. Finalmente il prossimo 5 novembre conosceremo il verdetto finale.

Ma come funziona il sistema elettorale americano? Una curiosità che potrebbe sembrare poco utile se non fosse per il fatto che ai primi approfondimenti si viene subito catturati da un modello alquanto particolare e molto distante dalle nostre consuetudini.

Partiamo dalle basi, dove già possiamo scoprire le prime sorprese: negli USA non esiste un sistema elettorale unico, ma ognuno dei 50 Stati membri, contea o città gestisce le elezioni in modo differente.

In quasi tutti c’è un giorno stabilito per recarsi alle urne, il cosiddetto Election Day che di norma coincide con il martedì successivo al primo lunedì di novembre (quest’anno, appunto, il 5 novembre); ma per agevolare la partecipazione, in 47 è previsto anche un sistema di voto anticipato, che può essere espresso per via postale oppure recandosi in appositi seggi aperti addirittura mesi prima della data comune. Considerate che nel momento in cui state leggendo il presente articolo già 20 milioni di statunitensi avranno manifestato la propria preferenza.

Ciascun cittadino americano maggiore di anni 18 può partecipare al voto, ma per farlo deve richiedere espressamente di essere iscritto nelle liste elettorali, registrandosi entro termini fissati per legge.

Inoltre, al di là delle semplificazioni spesso utilizzate nella vulgata comune, non si può parlare di una vera e propria elezione diretta, poiché i cittadini non votano direttamente per i candidati alle presidenziali, ma per un loro rappresentante, il cosiddetto “grande elettore”.

Ora, non vi è dubbio che gli USA siano una Repubblica presidenziale, dove il Capo dello Stato è anche Capo del Governo, esercitando contestualmente sia il potere esecutivo che quello rappresentativo. Ma viene scelto attraverso un sistema di elezione indiretta, che segue un rituale consolidato nei secoli.

A cominciare dalle modalità adottate per indicare i candidati, che per i due partiti maggiori (Democratici e Repubblicani) vengono incoronati attraverso il sistema delle Primarie, con variegate e colorite procedure che iniziano molto prima in tutti gli Stati. I partiti o i candidati indipendenti, invece, per potersi presentare alla competizione debbono raccogliere un preciso numero di firme attraverso una petizione.

Se già queste prime notizie vi possono apparire originali, aspettate di proseguire nella lettura per trovare aspetti ancora più strani rispetto al nostro concetto di elezioni.

elezioni USA 2


Come accennato, quando i cittadini statunitensi si recano alle urne non votano il Presidente prescelto, ma i “grandi elettori” che in quel territorio lo rappresentano.

Essi sono 538 in totale, ovvero tanti quanti il numero dei membri al Congresso più tre ulteriori rappresentanti del distretto di Washington, che non fa parte di nessuno Stato. Sono distribuiti in base al numero di abitanti (ad esempio, la California ne ha 55, mentre il Wyoming 3).

Nella maggior parte dei 50 Stati (ai quali si aggiunge il distretto della capitale Washington) vige il sistema maggioritario; pertanto, lo schieramento che vince le elezioni anche per un solo voto di distacco elegge tutti i suoi “grandi elettori” di quel collegio (winner-takes-all).

Le uniche eccezioni sono costituite da Nebraska e Maine, che per l’assegnazione dei delegati adottano un metodo ibrido simile al nostro proporzionale.

Proprio per questo motivo, essendo la popolazione numericamente differente, può succedere che un candidato prevalga nella somma dei voti popolari complessivi, ma senza conquistare la maggioranza dei “grandi elettori”.

Di recente è successo così nel 2016, quando la democratica Hillary Clinton raccolse quasi 3 milioni di preferenze in più rispetto a Donald Trump, ma perse le elezioni poiché il candidato repubblicano ottenne 74 delegati in più grazie alla vittoria negli Stati-chiave, aggiudicandosi 304 dei 538 “grandi elettori” che compongono il Collegio elettorale.

Ecco perché spesso, altra circostanza che può apparire anomala alle nostre latitudini, la campagna elettorale si concentra principalmente in quelli ritenuti in bilico (cosiddetti swing states), tralasciandone altri considerati già acquisiti. Infatti, per come è organizzato il sistema americano, il voto della gran parte dei collegi è facilmente prevedibile, e quindi l’elezione di quei delegati si considera certa, mentre in altri rimane sul filo di lana sino allo spoglio.

Per le prossime elezioni le situazioni considerate dubbie sono sette (Carolina del Nord, Michigan, Pennsylvania, Nevada, Wisconsin, Georgia, Arizona); e quindi sarà proprio il loro voto a determinare l’esito definitivo.

Una volta eletti, questi speciali elettori andranno a comporre il Collegio elettorale del proprio Stato che, a metà dicembre, si riunirà per la votazione del Presidente, il quale rimarrà in carica per i successivi quattro anni.

L’adempimento finale sarà compiuto dal Congresso che ai primi di gennaio, riunito in seduta comune, procederà al conteggio dei voti. Nel caso remoto in cui nessuno dei candidati raggiunga il numero minimo di 270 “grandi elettori” il Presidente verrà nominato ed eletto dallo stesso Congresso.

Un ultimo, fondamentale, avvertimento per gli insonni che nella nottata dell’Election Day si trovassero incollati agli schermi cercando di capire chi abbia vinto: negli USA il Partito Democratico (progressisti) è rappresentato con il colore Blu, mentre quello Repubblicano (conservatori) con quello Rosso.

Vi avevo avvisati che ne avreste scoperte delle belle!


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