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Viaggio nei dialetti. Proverbi, e poesia di CERVETERI

Viaggio nei dialetti. Proverbi, e poesia di CERVETERI

Grazie alla disponibilità di Vincenzo Luciani – che ringraziamo ancora – pubblichiamo degli stralci dei risultati di un’ampia e qualificatissima indagine, svolta tra il 2005 ed il 2011, sui testi dialettali (grammatiche e dizionari, proverbi e modi di dire, toponimi, canti e filastrocche, gastronomia, narrativa e teatro, poesia) dei 121 comuni della Città metropolitana di Roma Capitale. 

I risultati integrali (Comune per Comune) si possono trovare consultando il sito:

POETI DEL PARCO

https://poetidelparco.it/
https://poetidelparco.it/dialetti-nei-121-comuni-della-provincia-di-roma/


Proseguiamo questo viaggio andando a CERVETERI (81 m slm – 37 978 abitanti, detti ceretani o cerveterani). A 44 km da Roma, tra il lago di Bracciano e il mare, su uno spesso strato di tufo, sorge Cerveteri, denominata in passato Caere vetus dal nome dell’antica città Caere, a cui si aggiunse l’aggettivo vetus (vecchio). Da Cerveteri si accede alla Necropoli etrusca del Sorbo e alla Necropoli etrusca della Banditaccia, dichiarata nel 2004 dall'UNESCO, assieme a quella di Tarquinia, patrimonio mondiale dell'umanità.



Cratere di Eufronio

"Cratere di Eufronio" rinvenuto a Cerveteri; ceramica attica del VI secolo a.C. (Cerveteri, Museo nazionale Cerite)



I PROVERBI E I MODI DI DIRE

Modi di dire e proverbi di CERVETERI, da Er dialetto cervetrano di Lucarini:

a cucuzzola (stare su un punto elevato, ma anche mettete a cucuzzola che equivale a mettese a pizzò, cioè con la schiena chinata fino a formare un angolo di circa 90 gradi); Anna’ a puletta (perdere tutto al gioco),’n gattaccia (in cerca di amori facili); A ventoa vento come ’no staccionataro (essere così magri da poter essere spostati dal vento. E gli staccionatari lo erano, perché guadagnavano poco e digiunavano di conseguenza); Che vienghi da la Sgurgola? (che sei così arretrato?); Cia’ ’na cacca! (è un grandissimo vanitoso); È come ’r prete de ’r Sasso pia e monta su (si dice di chi non rispetta le precedenze nelle file); L’hai fatta ’n pizz’ ar tetto! (l’hai combinata bella!); Ma va a mette ’r prezzo a le saranghe (si dice di chi sbaglia di grosso nel calcolare qualche valore o misura); Nun te tufa? (non gradisci questo discorso?); Quanno viene a capo lo sbotti (si dice di un foruncolo che si spreme quando viene a suppurazione); Stare 3 pe’ la prescia e 4 pe’ la paura (pronti a scappare); Nun t’ha fatto prode? (non ti ha giovato); Te frutta ’r naso (ti esce il moccio); Chi ferra ’nchioda (il maniscalco ferrando il cavallo pianta un chiodo sull’unghia, vicino alla radice facendogli male; chi lavora può sbagliare); Ho capito dar brodo ch’era pecora (ho capito che tipo era); L’aquilano arza forte e batte piano (ci si riferisce all’uso della zappa in cui gli aquilani, specializzati nel fare razzette, cioè canali di scolo, eccellevano); Pe’ piove e pe’caga’nun bisogna dio prega’ (una volta, ma oggi?); Sparti palazzo, diventa cantone (spartendo tra molti eredi l’eredità si riduce a poca cosa).

  

I TESTI DI POESIA

Er dialetto cervetrano di Dino Lucarini ospita una “Appendice poetica di storia paesana in ottava rima”. In 50 perfette ottave Lucarini racconta, con piglio sicuro e scorrevolezza di verso e di racconto, la storia di Cerveteri dagli Etruschi alla riforma agraria in cui: i discendenti dei vecchi Agillei / furono liberati dal supplizio / di servi della gleba medioevali / che al principe lustravan gli stivali.

Nella penultima ottava non fa mancare l’aggiornamento: D’allora fino ai giorni attuali / sono trascorsi quarant’anni e passa / solo Angelino ormai porta i gambali / con la Riforma il pascolo si abbassa; / i costruttori mettono le ali / e milioni a palate nella cassa; / con l’enorme incremento d’immigrati / gli abitanti si son quintuplicati.

Nel libro sono presenti anche “Alcuni sonetti su Cerveteri de mo’”, ricchi di ritratti, cose e chiacchiere di paese.

Poeta “litorano” di Furbara, località di Cerveteri, è Pasquale Cotzìa, autore di Cose così, una raccolta di poesie che il prof. Gastone Imbrighi definisce “scanzonata, romantica, sarcastica in un romanesco scorrevole, corposo e mai volgare” riconoscendogli: “una riuscita e una notevole tendenza ad ispirarsi alle più diverse fonti culturali. Con una scelta, che Cotzìa stesso opera, degli elementi ritenuti migliori.

Dalle bestie alla Natura, dalla filosofia alla Religione.”

Esempi del suo eclettismo. Nella favola “Er ragno e la mosca”, dice il ragno:

(…) “e se voi che te canti una canzone, / viè giù tranquilla e famme compagnia.” // La Mosca, che nun era ’na citrulla, / fece l’inchino e disse: “Riverito! / Lo so, sei sazzio e er vento te trastulla. / Ma si poi t’aritorna l’appetito?…”

La satira, in “Cervèteri caro paese”:

(…) I cervetràni, poi, so’ inquatrinàti / e se vede dai piani ch’ànno arzati / co’ l’aiuto de tutti l’… Antenati / che so’ considerati un gran Tesoro, / pe’ via che ce guadàgneno in decoro. // Quanto so’ cari… l’Etruscacci loro!

In “Li sganassoni de don Bosco” invoca un ritorno del santo noto per aver preso a botte un gruppo di giovani intenti a giocare un “gioco losco”: … Oh don Bosco mio caro! Quarche vorta / fa er bisse a ’sto miracolo, ma porta / pe datte mano, le celesti armate / perché le cose, qui, so’peggiorate…

Notevoli i ritratti dei suoi genitori in “L’alloro der povero papà” (vedi in Antologia) e in “Mamma Lulla”:

Una donnetta che, a vedella, è gnente / ma che ci ha drento tanta poesia / e, si sfiamma, t’abbrucia. È foco ardente. // Ma ci ha puro du’ mani, sarvognuno, / ch’ànno impastato pane e fatto sfoje / e, m’aricordo, se tìrano a coje / er… seguito nun l’auguro a nessuno… (…) Mo’ s’è carmata. Ci ha 80 anni e passa / ma, si per caso, imbroj la matassa / mica te parla! Strigne solo n’ occhio / come pe’ dì: “Stà attento che te crocchio!”.

Il principe di Cerveteri Francesco Ruspoli è stato poeta, pittore, scultore. Sentimentale, romantico, innamorato della sua Maremma in Poesie (1974), in italiano e romanesco, è pronto alla satira della politica e all’ironia sui costumi. Nelle poesie in dialetto prevale la vena giocosa come nel personaggio altolocato di “Educazione”: Com’è caduta in basso ’sta nazione, / guardate un po’ siccome s’è ridotta. / Spregiudicati, gioventù corrotta, / senza princìpi e senza educazione. (…) Poi se ficcò er ditino drento er naso, / co’ l’unghia se staccò la caccoletta, / l’arrotolò, ce fece na palletta / e l’attaccò sur mio sofà de raso. e nell’intrepida ottantenne Contessa di “Er golf dell’Acqua Santa”: Io so che quer che conta è l’esperienza. / La Contessa ha passato l’esistenza / tra li legni, li ferri e tra le palle. // Ma nun me so’ convincere lo stesso. / Ecco, ho da fà così ma nun lo faccio. / Me sò sbajato, ho ritirato er braccio. / Devo concrude che so’ proprio fesso. // E dopo d’ave’ fatte tante prove / nun c’è gnente da fà, la devo smette. // E sospiranno guardo la Contessa / che ancora gioca bene e se ne vanta, / co’ tutto che sta in piedi pe’ scommessa, / forse puro in virtù dell’Acqua Santa.

Non mancano alcuni squarci lirici come ad esempio in “Pidocchietto”: Poi rimasi accanto a lui / affacciato ar murajone; / se vedeva er Cuppolone / che covava la città (…) Sotto ar ponte l’acqua gialla / scivolava lenta lenta, / in quell’ora quasi spenta / io rimasi a medità. oppure come in “Raglio di maggio” in cui il vecchio contadino Pasqualino se stenne a panza all’aria e s’assopisce; / sotto un cielo d’aprile che svanisce, / sogna d’esse er somaro; sogna e raja. // Quattro zampe, na coda e orecchie ar vento, / er vecchietto se vede trasformato, / tira carci e galoppa in mezzo ar prato / senza pensieri, libero e contento.

Ed ecco, in italiano, due meravigliosi ritratti cerveterani: “L’arciprete” e una mirabile “Signora di Maremma”:

C’è una torre sul castello, / sulla torre c’è uno stemma, / C’è una piazza alla Boccetta / con le mura medioevali, / e c’è il vento che flagella, / e c’è il sole che arrovella / e c’è l’Arciprete con la tonaca nera, / con la tonaca nera, / con la tonaca nera, nera!

Signora di Maremma / ben arcionata in sella, dritta e fiera / sul tuo cavallo in cima alla collina. / Il vento che scompone i tuoi capelli / viene dai monti e odora di mentastro! / (…) Alita intorno a te la primavera. / Ti fa corona il mandorlo selvaggio!

castello cerveteri


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