Castra-albana
Episodio 3 – Dal mito alla storia
Lasciati alle spalle i racconti del mito, le leggende troiane greco latine fondatrici, le localizzazioni incerte e comunque discutibili, è giunto il tempo di attenersi alla Storia, magari lacunosamente riassunta, come tutte le storie contenute nelle pieghevoli-tascabili “guide turistiche” e, nondimeno, nei testi ad uso delle scuole inferiori e superiori, mai troppo rivisti ed aggiornati come converrebbe nell’epoca di Internet.
La Storia dunque: ancoriamoci, per quanto attiene Albano, riconosciuta Laziale con Regio Decreto del 17 Settembre 1872, a due date; una antichissima e, dunque, ricostruita con le testimonianze del tempo, ora databili ora incerte; l’altra notissima: 20 Settembre 1870.
Per la prima soffermiamoci all’ A.D. 401, giusto il tempo per assistere all’elezione Pontificale di un Innocenzo, nativo di Albano, che assunse il numero 1 (Innocenzo I°) nella sequela degli Innocenzi che regneranno sulla Chiesa di Roma (e non solo). Pontificò con energia e grande dottrina per 16 anni, dettando regole per il battesimo, il matrimonio, l’unzione degli infermi. Combatté con determinata sapienza l’eresia pelagiana, diffusasi durante il suo Pontificato. Fronteggiò con autorità la grave crisi che agitò la parte occidentale dell’Impero con l’invasione dei Visigoti di Alarico, che, in rispetto del prestigio ed autorevolezza di Innocenzo, risparmiò le chiese dalla distruzione. Pur fra immense difficoltà, fu attivo e solerte nel soccorrere i deboli con opere di misericordia collettive e individuali. Morì nel 417; nel giorno 27 luglio.
Papa Innocenzo I
Incredibile ma vero: questo Pontefice rispettato dai Goti, che raramente rispettavano e risparmiavano qualcuno, non ha trovato nella sua città neppure una modestissima via o vicolo, che rechi il suo nome. L’onomastica albanense così generosa con politici – artisti – etc. e giustamente rispettosa dei toponimi locali, non ha ritenuto di onorare l’unico santo Papa che Albano ha dato alla storia della Chiesa e dell’umanità cristiana.
La seconda data è talmente conosciuta che le cannonate sardopiemontesi di Porta Pia ci rimbombano ancora nelle orecchie e nel “patrio cor”, confuse ai ritmi della fanfara dei bersaglieri, con tutte le polemiche, i giudizi contrastanti e le retoriche di cui, dopo oltre un secolo siamo ancora capaci, impossibilitati, come siamo, a liberarci del guelfismo e del ghibellinismo che di padre in figlio ci tramandiamo per la via del cordone ombelicale.
Nell’ itinerario di 1460 anni correnti da S.Innocenzo I° a Vittorio Emanuele II°, gli accadimenti e gli incroci storici tra Albano ed il resto sono colmi, com’è facile immaginare, di una serie strabocchevole di eventi quali, a ripercorrerli in tutto o quasi, hanno detto, descritto, ipotizzato, documentato gli storici. E con tale autorità e qualità di dottrina, ma non sempre con scrupolo di obiettività, da esimere noialtri semplici apprendisti da qualsiasi considerazione.
Infatti: affrontando in via generale l’argomento “Storia” la voce della responsabilità richiede quanto meno, “di non dire o ridire quello che altri hanno detto e ridetto meglio”; figurarsi poi se per iscritto. E così sia: limitiamo dunque ad un essenziale richiamo, uno striminzito “input” a misurarsi con la “Storia” di Albano. Nei limiti e per gli intenti di cui sopra procediamo dunque al “riepilogo”, operazione tra le più arbitrarie e riprovevoli per gli studi severi, ma la meglio gradita a lettori frettolosi, curiosi da domenicali o di passaggio ed in “altre faccende affaccendati”. E sempre, beninteso, tenendo presente che la Storia è vissuta dai “popoli”, ma è scritta dai “potenti”.
L’Ager Albanus fu eletto non certo per motivi di salubrità o per premio vacanza, ma per esigenze strategico/militari, a sede della II Legione Partica. I Castra Albana, accampamento fortificato stabile fondato dall'imperatore Settimio Severo (193-211) costituirono, per così dire, lo scheletro planimetrico attorno al quale iniziarono a sorgere i primi nuclei abitati, creati per le famiglie dei militari e per quanti gravitavano attorno ad esso.
Scomparsi i legionari, condotti dall’ Imperatore Gallieno a disperdersi in una disastrosa avventura nella Gallia Belgica, il complesso fornì nuove opportunità per ulteriori insediamenti e diverse ville suburbane del patriziato romano: fra esse, le ville di Publio Clodio Pulcro (identificata presso la località Ercolano in comune di Castel Gandolfo) e di Gneo Pompeo Magno (identificata, a torto od a ragione, con una villa sita nell’attuale parco pubblico di villa Doria).
La città ebbe però il privilegio di una citazione cartografica molto più tardi. Il che non la salvò dalle invasioni e scorrerie, vuoi barbariche vuoi saracene, e via elencando: i Visigoti di Alarico, di cui già si è detto, che si concluse con il sacco di Roma; Genserico dedicò ad Albano le pericolose attenzioni dei Vandali; Belisario, per difendere strategicamente Roma dalle minacce degli Unni, la occupò con il suo esercito e danni conseguenti. Poi le scorrerie dei Saraceni nell’846 nell’876, nell’878 e l’ultima, nel 915, quando, sparso ovunque il terrore, furono finalmente sconfitti, e definitivamente, al passaggio del Garigliano, dai Principi meridionali, chiamati in soccorso dal Pontefice Giovanni X°.
Nella seconda parte del secolo X° si evidenziò nella Storia di Albano la potenza della famiglia Savelli, (i Sabella di origine Sabina), che, fatta una capatina a Roma, vi presero stabile stanza. A loro dire, ebbero l’investitura, con tanto di patente imperiale (che gli studiosi considerano apocrifa), a Signori di Albano, Ariccia, Castelgandolfo, Genzano, Civita (Lanuvio), cioè, il quasi intero territorio occidentale dei Castelli Romani, direttamente da Ottone I°, che aveva chiamato il capo famiglia pro tempore, Virgilio, a difendere il Vaticano contro i Romani in rivolta. Il loro dominio durò, tra varie vicissitudini, fino al 1696, allorché un Giulio, oppresso dai debiti, non potendo lanciare una O.P.A., come si usa oggi per salvare nobili spendaccioni, capitani d’industria avventurosi, finanzieri spericolati, banchieri improvvisati, si vide o fu costretto ad alienare gran parte del patrimonio e, almeno si suppone, a chiudersi nello sdegnato silenzio degli aristocratici in fase discendente.
“Sic transit gloria mundi” per una famiglia che aveva dato alla Chiesa di Roma nel 1216, un Papa, Onorio III° (Cencio Savelli) e che dal 1607 godeva del titolo principesco di Albano concesso dal Pontefice Paolo V° a Paolo Savelli; con tanto di stemma: corona a 5 punte su scudo argenteo con onda dorata, bande oblique rosso/oro, 2 leoni, una colomba, una rosa. Poi si fermarono poiché nello spazio dello scudo, per quanto grande, difficilmente poteva entrarci altro, secondo la nota teoria della impenetrabilità dei corpi, del resto a quel tempo non ancora enunciata, e se, ed in quanto, valida anche per i Principi.
Anfiteatro