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Settembre 08, 2024

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Europa. Così è, se vi pare… Le istituzioni europee raccontate facile. Quinto episodio

Europa. Così è, se vi pare… Le istituzioni europee raccontate facile. Quinto episodio

L’8 e il 9 giugno si vota per il rinnovo del Parlamento europeo. Ma come si compone questo organo? Quali sono le sue funzioni? Quali le differenze e i rapporti tra le diverse istituzioni che costituiscono l’Unione Europea? Proviamo a scoprire insieme il Consiglio europeo, il Consiglio, la Commissione. Attraverso un racconto articolato in più episodi: fatto da protagonisti semplici, meno uno; con parole facili, tranne poche. Le storie sono ambientate nel Bar di una Piazza senza nome. Poteva averne uno di fantasia, ma ci è piaciuto lasciarla così: momentaneamente anonima. Perché non appena inizi la lettura possa diventare per ciascuno la Piazza del proprio paese: diversa ma uguale per ognuno di noi. E se questa trasposizione dovesse avvenire, anche parte dei prossimi dialoghi potranno, facilmente, immaginarsi come parlati nei nostri dialetti; scrigni unici di quel Tesoro collettivo costituito dai 120 campanili e oltre delle nostre splendide comunità.


QUINTO E ULTIMO EPISODIO.
COMPOSIZIONE E FUNZIONI DEL PARLAMENTO EUROPEO

«In Europa ci sono diverse istituzioni, ognuna con compiti differenti e diversa composizione: il Consiglio europeo, il Consiglio, la Commissione e il Parlamento europeo. Delle prime tre abbiamo detto le settimane scorse, oggi vediamo cos’è il Parlamento europeo».

Finalmente era arrivato il giorno che aveva la pretesa di concludere quel discorso da cui tutto era iniziato. Le elezioni europee erano oramai vicinissime, e quindi c’era grande attesa per la lezione di oggi, dove il Professore avrebbe finalmente spiegato ruolo, composizione e funzioni di questa ultima istituzione. Peppe non stava più nella pelle, perché voleva capire bene per cosa si dovesse votare. Marco era stato molto impegnato in quei giorni di campagna elettorale, dove qualcosa aveva già dovuto esporre, e ora sperava di non dover scoprire che aveva dato in giro informazioni sbagliate. La Piazza brulicava delle solite attività. Ma quel giorno l’attesa era talmente alta che i chiacchieroni rinunciarono persino a cominciare le loro chiacchiere; mentre pure i fumatori più incalliti, nonostante la tensione si tagliasse con il coltello, decisero di tenere le loro sigarette ben riposte nelle tasche. Nemmeno un soffio di fumo si sarebbe potuto vedere nell’aria; anche perché in quel momento ogni angolo era strapieno di bambini, situazione alquanto strana per quell’ora, ma che fece scattare una sorta di regolamentazione spontanea.

Alle prime parole del Professore le anime sparse nella Piazza cominciarono a distribuirsi quasi che ciascuno avesse il proprio posto assegnato. E, forse, era proprio così. I bambini si andarono a posizionare sulle scale della Chiesa; mentre gli adulti si trovarono mossi da un moto oramai automatico, che li portava a confluire verso il solito tavolo, formando tutt’intorno un circolo. C’è chi dice, addirittura, di aver visto Franco, che nascosto sotto un grande cappello si era sporto da una colonna del porticato. Ma su questo non tutti furono d’accordo, e si discusse ancora per mesi se fosse davvero successo. Stranamente, quel giorno, davanti al Bar non era stata posizionata la ciotola per i gatti; e infatti non se ne era visto neppure uno aggirarsi tra i tavoli. Sembrava quasi che fosse stato deciso così, e che anche loro lo sapessero. Il Professore un pochino se ne stupì, ma poi senza porsi troppe domande cominciò comunque la sua ultima lezione.

«Scrivete, allora, se ancora vi ricordate come si fa! Il Parlamento europeo è l’istituzione rappresentativa dei cittadini dell’Unione, l’organo democratico per eccellenza. Infatti, è l’unica dove i membri sono eletti a suffragio universale diretto in ogni Stato e durano in carica 5 anni. Rappresenta circa 450 milioni di persone. La sede principale è a Strasburgo, dove si tengono le dodici tornate plenarie mensili, mentre una seconda sede è a Bruxelles, dove si svolgono le sedute aggiuntive e le riunioni delle commissioni parlamentari. Ecco, questa è l’istituzione europea per cui dovremo andare a votare sabato 8 e domenica 9 giugno. Contento compare Peppe?».

«Contento sì, finalmente siamo arrivati alla parte del programma che mi interessa…». (Risate dalla Piazza)

«Allora cerca di capire bene. Il numero di eurodeputati che spettano a ogni Paese membro è proporzionale alla popolazione di ciascuno di essi: ogni Stato non può avere meno di 6 parlamentari o più di 96, eppoi viene fissato il numero totale dell’assemblea. Attualmente, dopo l’uscita del Regno Unito dall’UE avvenuta nel 2020, i membri del Parlamento in scadenza sono 705, compreso il Presidente».

«Quindi più uno Stato è grande, più parlamentari elegge…».

«Sì, Marco. Grosso modo è così. Ma, per non penalizzare troppo quelli più piccoli, si usa il cosiddetto principio di proporzionalità degressiva, per il quale via via che la popolazione si riduce il numero di abitanti incide di meno nel rapporto. Ecco perché, comunque, ogni Nazione non può avere meno di 6 parlamentari o più di 96».

«E chi lo ha stabilito? Ursula fon de Leye, o come si dice. Pure questo ha fatto! E pensare che mi stavo quasi convincendo a votarla…».

«No, Peppe. Abbiamo detto che Ursula von der Leyen è la Presidente della Commissione europea. Adesso te la devi un po’ togliere dalla testa. Stiamo parlando del Parlamento, che è l’istituzione per cui si andrà a votare. L’attuale Presidente è una maltese, Roberta Metsola, l’abbiamo già citata; ma non lo decide neppure lei. Il numero dei componenti e quanti ne spettino a ciascuno degli Stati sono stabiliti dal Consiglio europeo con una decisione che deve essere votata all’unanimità, su iniziativa del Parlamento che poi la deve anche approvare».

«Ma come vota il Parlamento, Professore. Abbiamo visto che nelle altre istituzioni ci sono tante modalità diverse».

«Di solito, vista la sua natura di organo democratico eletto a suffragio universale e rappresentativo, vota a maggioranza dei voti espressi; tranne casi particolari in cui i Trattati richiedono delle maggioranze qualificate. 

«Tutto chiaro, grazie. Un’altra cosa, però: prima hai detto che i membri attuali sono 705. Ma con le prossime votazioni di giugno, in Italia, quanti ne dobbiamo eleggere di questi?».

«Il numero è variato più volte, perché può essere rideterminato prima di ogni elezione. Nel settembre 2023 gli eurodeputati hanno approvato la decisione del Consiglio di aggiungere 15 seggi al Parlamento europeo, portando così a 720 il totale per la legislatura 2024-2029. Quindi per le prossime votazioni all’Italia spettano 76 seggi, tra i più alti. Infatti, in testa c’è la Germania con 96, poi la Francia con 81. Tra i più piccoli, invece, hanno 6 seggi Cipro, Lussemburgo e Malta».

«Allora se i parlamentari italiani si mettono tutti insieme facciamo una bella squadra, eh… Sai che gruppone possiamo organizzare dentro al Parlamento europeo!».

«E no, Peppe. Non funziona proprio così… Questa assegnazione di seggi ai diversi Stati membri non va intesa nell’ottica nazionalistica. Il Parlamento non si organizza come semplice somma degli eletti dai singoli Paesi e i parlamentari si aggregano secondo affinità politiche, non per la propria cittadinanza. Essi rappresentano i cittadini dell’Unione nel loro complesso, per questo è considerato un’istituzione sopranazionale. Gli eletti, pertanto, vanno a confluire nei gruppi politici di riferimento, un po’ come nel Parlamento italiano. Avrete sentito nominare almeno le cosiddette grandi famiglie del Partito Popolare Europeo, dell’Alleanza progressista di Socialisti e Democratici, del Partito dei Conservatori e dei Riformisti Europei».

«Ma i nostri parlamentari non possono mettersi tutti insieme per difendere gli interessi dell’Italia?».

«Certo che lo possono fare, ma attraverso delle azioni politiche, non con la costituzione di un gruppo ufficiale degli italiani all’interno dell’assemblea. Per garantire che gli eletti rappresentino tutti i cittadini, e non solo quelli della propria nazione, il regolamento esclude la costituzione di gruppi su base nazionale, tanto che possono formarsi solo se i componenti siano minimo 25 e provengano da almeno un quarto degli Stati membri. Tutto chiaro fino ad ora? Avete scritto??». (Nel frattempo, sulla Piazza risuonarono le campane della Chiesa. Una cosa molto strana, il parroco non aveva mai interrotto una lezione del Professore, nemmeno per l’Ave Maria delle 19.00. Qualche sguardo interrogativo ci fu. Ma poi tutto riprese come se nulla fosse)

«Sì, abbastanza chiaro Professore… Però vorrei capire meglio una cosa: come avvengono queste elezioni? Sai, noi abbiamo cominciato a fare campagna elettorale… Speriamo di averlo spiegato bene!».

«Qualche dubbio ce l’ho, Marco. Chissà cosa avrete capito tra quelle quattro mura ammuffite della vostra sezione, se ancora esiste!» (Risate collettive da tutta la Piazza) «Diciamo subito che le prime elezioni dirette del Parlamento europeo si sono svolte solo nel 1979; prima era composto da membri eletti dai parlamenti nazionali tra i propri deputati. Quella decisione fu molto importante per far sì che il Parlamento diventasse effettivamente l’organo democratico rappresentante dei cittadini europei. Ma per quanto riguarda la procedura elettorale non è mai stato raggiunto un accordo per uniformarla in tutti gli Stati membri».

«Cioè, scusa, ho capito bene? Ogni nazione vota in maniera diversa?».

«Può succedere, anche se sono stabiliti dei princìpi comuni che vanno rispettati. In tutti i Paesi le elezioni debbono svolgersi con sistema proporzionale, cioè ogni partito elegge candidati in base al numero di voti che riceve. Deve essere garantita l’uguaglianza di genere e la segretezza del voto. Però sono lasciati al diritto nazionale la disciplina di molti altri aspetti rilevanti, quali il sistema elettorale da utilizzare o il numero delle circoscrizioni. Pensate, ad esempio, all’età minima per votare: in Italia è 18 anni, ma in Grecia 17, e in Austria, Belgio, Germania e Malta è fissata a 16 anni. E anche l’età minima per candidarsi al Parlamento varia dai 18 anni di Paesi come Germania, Francia e Spagna ai 25 anni di Grecia e Italia. In compenso, tutti i cittadini dell’UE hanno il diritto di candidarsi o votare in un altro Paese dell’Unione se vi risiedono».

«Effettivamente, un bel minestrone… cucinato con i cavoletti di Bruxelles!!». (Risate convinte dalla Piazza)

«Bravo Peppe, bella battuta. Ma per tornare ai princìpi comuni vanno ricordate importanti norme relative alle incompatibilità con il mandato di deputato al Parlamento europeo, come la partecipazione alla Commissione, alla Corte di giustizia, al governo di uno Stato membro, nonché con il mandato di parlamentare nazionale; a queste, poi, se ne possono aggiungere altre fissate dai singoli Stati: l’Italia ha stabilito anche l’incompatibilità con le cariche di Presidente di giunta regionale e di assessore regionale. Infine, ci sono i requisiti per l’elettorato attivo e passivo che solo parzialmente hanno tratti uniformi, come quelli collegati alla cittadinanza europea, ma che per il resto sono regolati dalle normative nazionali. E qui in passato se ne sono viste delle belle…».

«Davvero, Professore? Dicci, dai, adesso ci hai incuriosito».

«Vi racconto un aneddoto. Sapete chi è Le Pen?». (Qualche timido cenno di assenso, ma per lo più sguardi nel vuoto dalla Piazza. Poi all’improvviso…) «Abbasso la Commissione! No all’Europa dei tecnocrati. Vogliamo l’Europa dei Popoli! L’Europa della Cultura e dell’Identità contro quella della globalizzazione e dei servi della finanza! Viva Marine Le Pen, viva il Rassemblement National!!». Seguirono attimi di tensione, qualcuno pensò persino che potesse scatenarsi una piccola rissa. Non tanto per motivi politici, anche se in paese si sapeva benissimo chi fossero i ragazzi serrati in quel gruppetto, quanto piuttosto per l’affronto di aver interrotto le parole del Professore. La confusione era tanta, quando tra un sovrapporsi di voci ne arrivò una più forte dall’altro angolo della Piazza «See, vabbè… Liberté, égalité, fraternité! Vive la France e la sorella di Zidane!!».

A quelle parole, immediatamente la tensione si sciolse in una risata collettiva. C’è persino chi giura di aver visto i bambini saltellare sulle scale della Chiesa scatenati a cantare ♫♪ Po po po po po po po Po po po po po po po ♪♫♫. Ma su questo non tutti furono d’accordo. In effetti, quei piccoletti nel 2006 non erano neppure nati; che ne potevano sapere di quel coro da stadio o della famigerata testata su Materazzi durante la finale dei Mondiali di calcio a Berlino… Infatti, si discusse ancora per mesi se fosse davvero successo. Comunque, mentre pure le ultime voci si andavano spegnendo, il Professore riprese a parlare, come se nulla fosse accaduto. «Allora, sapete chi è Le Pen, Jean-Marie Le Pen?».

«Sì, è quel famoso politico francese. Ne ho sentito parlare: fondò il partito di estrema destra Front National. È ancora vivo, ma ha 96 anni e quindi adesso a fare politica è la figlia Marine; ha pure cambiato nome al partito, che ora si chiama Rassemblement National, come strillavano quelli…».

 «Oh, bravo Marco! Allora qualcosa in quella sezione, se ancora esiste, riescono a insegnarvi! Comunque, parlavamo di un aneddoto relativo ai requisiti per l’elettorato attivo e passivo. Jean-Marie Le Pen è stato per molti anni deputato all’Assemblea nazionale francese e per più legislature anche del Parlamento europeo. Eravamo a cavallo tra il 1999 e il 2000, quando a seguito di una sentenza della Corte di cassazione francese venne dichiarato decaduto con decreto del Primo ministro, essendo stato condannato per violenza nei confronti di un pubblico ufficiale».

«Oh, ma questi francesi fanno tutti la stessa fine… Come Zidane, pure lui squalificato e partita persa!». (Risate compiaciute da tutta la Piazza)

«Già, Peppe, ma la questione è stata leggermente più complicata. Quando la legislazione di uno Stato membro stabilisce espressamente la decadenza del mandato di un deputato del Parlamento europeo, questi cessa automaticamente in applicazione delle disposizioni di tale legislazione. Quindi, le autorità francesi informarono il Parlamento, che prese semplicemente atto della decadenza, senza pronunciarsi sul caso».

«E che è successo, Professore? Le Pen si sarà imbufalito. Ricordo che è un tipetto niente male…».

«Eh sì, abbastanza. E poi ancora peggio, perché accadde pure che il suo ricorso al Tribunale contro la presa d’atto del Parlamento europeo fu dichiarato irricevibile, in quanto venne affermato che gli effetti giuridici della decadenza derivavano dal provvedimento del governo francese, e non da un atto del Parlamento, che pertanto non poteva essere impugnato! Dal 2002, per tali casi, è stata eliminata persino la necessità della presa d’atto. Vi ho voluto raccontare questo episodio perché fa capire bene come nelle regole fissate per le elezioni e le funzioni dei parlamentari europei, alcuni princìpi sono comuni e debbono essere rispettati da tutti gli Stati membri, mentre altri sono di competenza delle singole nazioni».

«Ammazza Professore, comunque se c’è tutto questo interesse per le prossime votazioni vorrà dire che il ruolo del Parlamento è davvero importante…». (Sulla Piazza risuonarono di nuovo le campane della Chiesa. La cosa si faceva sempre più strana… Il parroco non aveva mai interrotto una lezione del Professore. Tra l’altro continuava ad arrivare gente che di solito a quell’ora non si era mai vista. Qualche sguardo interrogativo in più ci fu. Ma poi tutto riprese come se nulla fosse)

«Effettivamente è importante, Marco. Anche se non è stato sempre così. Fino al 1979, non essendo eletto direttamente dai cittadini, era più che altro un organo consultivo, che al massimo esprimeva pareri non vincolanti. Poi, invece, con l’elezione diretta ha assunto maggiori poteri e funzioni. Intanto, ricordate, elegge il Presidente della Commissione. Inoltre, a seguito dell’entrata in vigore del trattato di Lisbona del 2007, condivide con il Consiglio il potere di decidere sull’intero bilancio annuale dell’Unione Europea, sul quale ha l’ultima parola. Eppoi, esercita un controllo democratico per garantire che la Commissione e le altre istituzioni gestiscano correttamente i fondi europei».

«Ma quindi fa pure le leggi?».

«Sicuramente tra le funzioni più importanti c’è quella legislativa, che esercita anche insieme ad altre istituzioni. La maggior parte delle leggi comunitarie è adottata congiuntamente, su proposta della Commissione, proprio dal Parlamento europeo e dal Consiglio in settori importanti come governance economica, immigrazione, energia, trasporti, ambiente, protezione dei consumatori... In questo caso si parla di procedura legislativa ordinaria, perché Parlamento e Consiglio hanno lo stesso peso».

«Ma perché ordinaria, ci sono anche altre procedure?».

«Sì, Marco. Ce ne sono anche altre. Ad esempio, quelle che vengono definite procedure legislative speciali, dove il Parlamento svolge soltanto un ruolo consultivo. In questi casi può approvare o respingere una proposta legislativa, o proporre emendamenti. Il Consiglio, però, non è giuridicamente obbligato a tenere conto di tali pareri, anche se alla luce delle pronunce della Corte di giustizia sembra che non possa deliberare prima di averli ricevuti».

«Ecco perché tante volte si dice che non conta niente…».

«Eh sì, in alcuni casi si può avere questa sensazione, poiché questo suo potere legislativo non è esclusivo, ma sempre condiviso con il Consiglio o con la Commissione. Un’ulteriore carenza di democrazia è poi data dal fatto che né i singoli parlamentari né l’Assemblea nel suo complesso hanno un potere di iniziativa rispetto ai procedimenti di adozione di atti dell’Unione; questi sono affidati in via pressoché esclusiva alla Commissione, mentre al Parlamento si riconosce un solo potere di indirizzo».

«Che dire Professore, non so come ringraziarti. Siamo partiti con questa discussione quasi per gioco, ma alla fine ci hai fatto capire in maniera semplice il funzionamento dell’intera Unione Europea. Mi sarà molto utile in questi ultimi giorni di campagna elettorale per spiegare l’importanza di andare a votare. A proposito, un’ultima cosa: ma come si vota in Italia per le elezioni di sabato 8 e domenica 9 giugno?».

«Beh, Marco. Questo dovresti spiegarlo tu a me. Allora è proprio vero che tra quelle quattro mura ammuffite della sezione, se ancora esiste, nemmeno le basi vi hanno insegnato!!».

«Ma veramente… Giuro, esiste!».

«Ma veramente cosa! Dai, scrivi pure tu!! Abbiamo detto che, fatti salvi alcuni princìpi generali, ogni Paese adotta un proprio sistema elettorale. In Italia vige un proporzionale con voto di preferenza: quindi ogni elettore potrà votare il simbolo di una lista ed esprimere da una a tre preferenze per i candidati nella medesima lista; nel caso si esprimano due o tre preferenze, dovranno essere per candidati di sesso diverso. Determinato il numero dei seggi spettanti alla lista in ciascuna circoscrizione, saranno proclamati eletti i candidati con il maggior numero di voti di preferenza. Tutto chiaro? Avete scritto??».

«Sì, sì! questo me lo sono scritto pure io, così non mi sbaglio a votare… Sei un grande Professore, non ci posso credere, ero preoccupato ma adesso mi sembra proprio di aver capito tutto!».

«Te l’avevo detto, Peppe. Si capisce. Basta un po’ di pazienza e tutto si capisce. E ti avevo detto anche che del Parlamento europeo avremmo parlato alla fine. Così vi sarebbe rimasto più impresso…».

Erano le 19.00 in punto. E le campane ricominciarono a suonare a festa con una successione che quella volta sembrava essere senza fine! La Banda, uscita improvvisamente dall’ultimo edificio del Corso, si portò sulla Piazza accompagnando quel breve tragitto con il suono di un’allegra marcetta. I bambini più piccoli vi si affollarono subito intorno, mentre quelli più grandicelli, ora tutti vestiti di bianco, erano scesi dalle scale della Chiesa e si erano disposti in fila indiana proprio davanti al sagrato. C’era anche il Sindaco, con indosso la fascia tricolore; prese sottobraccio il maresciallo e si portarono di fronte alle scale. Sparsi tra le prime file si erano intravisti pure il dottore con il farmacista. Sembrava quasi che per quel giorno, ma solo per quel giorno, il paese volesse riprendersi gli ordinari riferimenti comunitari. Intanto la Banda aumentava il volume della sua musica, mentre le marcette di intrattenimento avevano lasciato posto alle melodie sacre che accompagnavano i presenti verso la preghiera. Il portone della Chiesa si andava spalancando con una lentezza quasi sfibrante, ma che in quell’occasione non faceva altro che aumentare la teatralità di uno scenario che la Piazza non era abituata a vedere negli altri giorni dell’anno. Solo quando fu tutto aperto si potette scorgere finalmente quanto fino ad allora era rimasto alquanto celato. Il Vescovo, avvolto in sontuosi abiti da cerimonia e con la mitra in testa, passò il suo bastone pastorale tempestato di gemme a un sacerdote che gli si mise a fianco; subito dopo, avanzò sul sagrato e con un gesto solenne e sicuro, strinse tra le mani l’ostensorio dorato, portandolo subito all’altezza del viso per esporre all’adorazione dei fedeli l’ostia appena consacrata. Dietro tutti in fila, sotto il baldacchino processionale altri prelati, ai lati alcuni diaconi, poi qualche bambina e bambino con la veste da chierichetti. La Processione stava per iniziare. A destra della Piazza si erano raggruppati i membri della Confraternita, pronti a prendere il loro posto nel corteo sacro; camici, mozzette e mantelli erano lindi e profumavano di recente tintoria. Solo l’odore intenso dell’incenso, nel frattempo acceso da un chierichetto e volteggiato con gesti plateali nell’aria, era riuscito a coprire quel profumo di lavanda che fino ad allora aveva inebriato quel lato della Piazza. Era il bello della Festa… la Festa di… Sì, si! Proprio quella! L’intero paese l’aspettava…

Intanto il Professore si era avviato verso casa, dopo aver salutato un po’ tutt’intorno. Le processioni non gli erano mai piaciute. Sarà perché non fosse molto credente; o più probabilmente perché era una di quelle rare occasioni in cui al centro della scena non ci fosse lui, quella sorta di Cristo laico e onnipotente qual era da tutti considerato. E successe così anche quel pomeriggio, non appena le speranze e le richieste di grazia del paese cominciarono di nuovo a muoversi in un vortice centripeto, simile agli altri giorni, ma stavolta mosso verso l’ostensorio dorato con dentro l’ostia appena consacrata. In quel momento il vero Cristo era lì, sceso dal Cielo verso quella Piazza. Non c’era spazio per altri protagonismi. E lì si era radunato l’intero paese. O quasi…

La casa non era lontana dalla Piazza. Era già a metà Corso, ma più di una volta aveva voluto rallentare il passo: sentiva come la sensazione di essere seguito. Si era pure voltato due volte, senza scorgere alcuno. Quando stava per prendere il vicolo che lo avrebbe condotto verso la sua abitazione sentì un susseguirsi di miagolii ripetuti, come una sorta di richiamo risentito, ma allo stesso tempo pieno di premurosa dolcezza. Si voltò ancora, e stavolta abbassando lo sguardo scorse subito un bel gruppetto di gatti di cui prima non si era neppure accorto; cinque, sei, al massimo otto. Si erano disposti in una strana doppia fila, quasi che anche loro volessero omaggiare quel giorno di Festa con una forma di processione felina dalle origini ancestrali.

Diverse volte il Professore, durante quell’ultima lezione, aveva notato che la Piazza non era popolata dal solito andirivieni dei gatti. E un po’ ne era rimasto pure dispiaciuto. Solo alla fine Peppe gli disse che era per via della Processione; la Piazza era stata tirata a lucido, e Marisa aveva posizionato la solita ciotola con i croccantini sul retro del Bar. Lo sapevano tutti, probabilmente anche i gatti, che oramai erano costretti a studiare tattiche precise e strategiche, poiché, in tutta evidenza, quei ghiotti croccantini erano diventati più interessanti del latte. Ma il Professore no, non lo aveva saputo. Ora, ripensandoci, si ricordò che un pochino se ne stupì, ma poi senza porsi troppe domande aveva cominciato comunque la sua ultima lezione. Alla fine, andando via, aveva salutato un po’ tutt’intorno.  Ma quei gattini, che nel frattempo erano diventati gatti, no; non li aveva visti nella Piazza.

Oramai era fermo. Si chinò verso quei musetti affannati dalla rincorsa che avevano dovuto fare per raggiungerlo. Ne carezzò uno, poi due; altri si avvicinarono, forse sei, al massimo otto. Afferrato con la mano il palo di un segnale stradale fece forza sulle braccia per rialzarsi. Un sospiro, un ultimo cenno di saluto a quelle anime pure. Poi girò a sinistra e prese il vicolo nella via verso casa.

Fine



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